4 Luglio 2007. Sei anni fa. A quest'ora me ne stavo in un corridoio della sede centrale del mio liceo ad aspettare che mi chiamassero in aula per sostenere l'orale della maturità. Ero l'ultimo dei cinque scalognati di quella mattina. Mi hanno convocato davanti l'aula alle 9 e ho dovuto aspettare fino alle 14 per essere chiamato dentro. Se sono arrivato là con i nervi a fior di pelle e con il magone nello stomaco, ho finito per entrare shallissimo e rilassato con un solo pensiero fisso in testa: "facciamola finita in fretta che sto morendo di fame". Oltretutto faceva un caldo che te lo raccomando (mica era il 4 luglio per niente) e con l'ansia da prestazione addosso avevo le ascelle che sfiatavano come mantici sotto sforzo. Meno male che avevo messo una elegantissima e praticissima polo nera.
Al mio orale ero assolutamente solo. I miei genitori non erano potuti venire, mia sorella era in università e i miei sedicenti amici mi avevano piantato in asso perché "di mercoledì mattina c'è il mercato! dobbiamo andare a comprare i costumi". Raga', a distanza di sei anni posso anche dirvelo senza tanti complimenti: Vaffanc**o! Con tanto amore, s'intende!
Comunque provate ad immaginare di vedere tutti gli altri compagni entrare in aula prima di te scagati, mano nella mano con il moroso/o, migliore amico/a, un'orda rumorosa di parenti (alcuni avevano anche la telecamera! no, non sto scherzando) e uscire 40 minuti dopo leggeri, soddisfatti, liberi e inneggiare subito alle vacanze e gridare di sollievo "tra tre settimane mareeeeeeeeeeeeeee". Ecco, io prima li invidiavo, poi li avrei buttati in Adige purché sparissero dalla vista loro e tutta la loro euforia. Alcuni di loro li ho visti l'ultima volta proprio quel giorno: eravamo una classe dall'affiatamento scarso, per non dire nullo. Nessuno di loro mi è mancato negli anni a venire. Nonostante tutto è stato un giorno emozionante. Tra le mani stringevo la mia tesina di cui andavo fierissimo e che avevo scritto con amore e dedizione. I professori ci avevano chiesto argomenti non banali e preconfezionati, tipici della maturità (vedi l'uomo e la maschera, il male di vivere, il disagio poetico, il romanticismo di Leopardi ecc ecc) e io li avevo accontentati. Partendo dal Piccolo Principe (dissertazione in francese, ça va sans dire) approdavo alla poetica del fanciullino di Pascoli per poi proseguire con l'arte infantile di Mirò nella serie delle costellazioni. La mia tesina era MIA. Non saprei come altro spiegarvelo. Era adatta a me, mi rispecchiava, diceva chi ero ed era venuta esattamente come l'immaginavo. Me la sarei auto pubblicata su qualche rivista specialistica!!
All'epoca ero un adolescente (fino ai 18 si è ancora adolescenti vero?) molto diverso dalla persona che sono ora. Portavo i capelli lunghissimi con tanto di ciuffo coprente l'occhi(ale) destro, avevo le chiavi appese a una cintura tamarrissima fatta di dadi che mi pendeva dal fianco, indossavo un paio di jeans kaki che ho messo finché non sono scoloriti nel bianco burro (li adoravo alla follia!) e vagheggiavo il mio futuro ogni ora del giorno. E con mia grande sorpresa, ripensando ai progetti imbastiti davanti alla porta, molti si sono avverati. Volevo conoscere persone "internazionali" che potessi andare a trovare di tanto in tanto, persone sognatrici e ingenue, entusiaste della vita come me e con tanta grinta, andare a vivere a Monaco (che già allora era la mia sirena dalla voce flautata), studiare qualcosa che mi entusiasmasse e arricchisse (il titolo in sé era ininfluente, ma la sostanza imprescindibile). E così è stato. Quelle persone le ho conosciute: alcune di persona, altre via telematica (ma un giorno conoscerò di persona anche voi, statene certi); ho studiato qualcosa che mi ha entusiasmato, che mi ha appassionato, che anche se non mi ha regalato un titolo ultra spendibile mi ha portato incontri, scambi, rapporti e cultura, comprensione e solidarietà, esperienze magiche e indimenticabili e l'opportunità di andare dove volevo. Perché se non avessi studiato quel che ho studiato non sarei andato a Monaco, coronando non un sogno, ma IL sogno del me adolescente. E su Monaco non spendo parole, sapete già tutto.
Oggi, se mi fosse data la possibilità, vorrei potermi trasportare in quel corridoio di quell'afoso 4 Luglio del 2007 e dire al me stesso che sta davanti a quella porta a pensare che all'orale della maturità è da solo, che anche se è in un momento svolta della sua vita e non c'è nessuno a esserne testimone se non lui stesso, di non essere triste. "Perché in realtà non sei solo, ci sono io, il tuo io futuro a guardarti ed ad aspettare che tu, mio io presente, ma che per me sarai passato, mi raggiunga. E so che lo farai. Lo farai nei modi più improbabili e assurdi che tu possa immaginare. Ma saranno proprio quei percorsi da acrobata e equilibrista che ti renderanno me e che ti faranno incontrare persone con la P maiuscola, che ti porteranno in viaggi e avventure che ti spaventeranno, ma che inevitabilmente ti resteranno dentro e che finirai per ricordare con affetto e gioia. Perché di quello che conta veramente resta solo il buono, il brutto evapora come l'alcool. Che i sogni che fai ora e che ti entusiasmano, ma anche paralizzano, in realtà ti metteranno in cammino verso la felicità. Ma non una qualsiasi, no, proprio quella che è fatta su misura per te. Infine, di non aver paura, o meglio, averla, ma vincerla con coraggio, perché alla fine andrà tutto bene. Sempre."
Al mio me stesso passato che quel giorno si è sentito disperatamente solo voglio dire grazie. Grazie perché grazie a te sono quello che sono ora. E non potrei essere più completo.
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