giovedì 31 gennaio 2013

Letture per donzelle

In principio furono gli Harmony. E come molti figli di lettrici 1.0, anch’ io ci sono cresciuto. Non nel senso che sono cresciuto leggendoli (se avevate interpretato la frase in questo senso siete davvero marci fino all’osso), ma vedendoli su praticamente ogni ripiano della casa: il marmetto sopra il termosifone, il tavolo buono in salotto, il piano della lavatrice, il piano cottura in formica. L’aspetto era sempre lo stesso: un volumetto tascabile dalla costa sottile, sulla cui copertina facevano bella mostra di sé due innamorati che si guardavano languidamente come fa la trota sul banco del pescivendolo. La romantica immagine veniva inquadrata da una finta finestra nella cui parte lunata rosa campeggiava il titolo in nero. La TorquiMamma ne divorava e ne divora parecchi quintali anche oggi, di questi Harmony.

Nel tempo la grafica e l’impaginazione sono cambiate. Da Harmony 1.0 si è passati agli Harmony 2.0: le coste si sono ispessite (segno che le storie si sono fatte più travagliate e accidentate), la timida finestra rosa è sparita e ora i due amanti si abbracciano appassionatamente a tutta copertina. Gli uomini si son fatti di steroidi ed esibiscono bicipiti torniti e oliati come pistoni d’automobili, le donne si son fatte più lascive e seduttive e scoprono le spalle con studiata malizia. Per entrambi le scollature si son fatte ombelicali dando così modo al maschio di mostrare i pettorali scolpiti su cui potete friggere un uovo e alla donna di mettere ben in risalto un decolleté di tutto rispetto.

La parte più spassosa però è l’evoluzione dei titoli. Dei timidi, pudici, puritani titoli d’altri tempi non c’è più traccia. Ora si va dritti al sodo. Si schiaffa la roba li dove deve essere: in bella vista. E ne esistono diverse tipologie, pure! Tipologie che io ho avuto cura di catalogare per voi e solo per voi (rimandate i ringraziamenti a fine post, altrimenti perdo il filo).

Tipologia nr. 1. Le coppie. Di tutti i tipi e le accoppiate: Il Falco e la Colomba, La Rosa e la Spada, La Lady e il Lord, La Dama e il Cavaliere. Il guaio di questi titoli è la monotonia con cui si ripetono. La donna è sempre la principessa, la sposa, la rosa, la colomba, la cerbiatta ecc ecc; lo stesso dicasi per l’uomo. Al che io propongo coppie più fantasiose e più accattivanti quali: L’albatros e la Tigna, La Balena e il Plancton, La Giuggiola e il Formichiere, Il Guercio e la Zoppa. Le variazioni sul tema sono infinite.

Tipologia nr. 2. Gli aggettivi. Per attirare il lettore si riduce la storia ai minimi termini, in questo caso al minimo termine:  Stregata, Innamorata, Sedotta, Punita, Corcata, Respinta e chi più ne ha più ne metta. Per ravvivare un po’ di più la tensione propongo anche Stufata (lessa o fritta fate voi), Snobbata, Scivolata, Sfigata (per gli animi meno fini) e Dadolata.

Tipologia n. 3. Titoli descrittivi. Qui l’autore vuole dare un primo assaggio della trama al lettore con solo una pennellata di colore: La Lady di campagna, La Promessa del Duca, Marito Amante, Il Bacio di un Libertino. Anche qua gira e rigira le briciole che l’autore ci passa son sempre le stesse: baci rubati, carezze diffuse, sguardi appassionati al chiaro di luna. Situazioni fritte e rifritte che ormai ci sono indigeste. Autori accogliete il mio consiglio: variate la sinfonia. Le lettrici penso apprezzerebbero anche titoli come Il pestone di un’ Amazzone, La Tentazione bussò alla porta, ma non trovò nessuno in casa, Il Barboncino abbaiò e nessuno se lo filò, Il Vichingo dalla cotta a punto croce.

Tipologia nr. 4. Titoli divini. Qua è semplice. Si prende un dio qualsiasi e gli si fa fare qualcosa: La tentazione di Diana, Lo sguardo sbilenco di Minerva, Le paturnie di Afrodite, Le caldane di Giunone e Le emorroidi di Zeus.

Tipologia nr. 5. Titoli spinti, titoli hard. Son quei titoli che ti lasciano immaginare chissacché, tanto che esiti a prendere in mano il libro per paura di scottarti come su una piastra bollente: Vento di passione, Amore rovente, Cuori incatenati, Tempesta di sentimenti e via di questo passo. Son quei titoli che ti fan diventare la vongola verace solo a leggerli. Il più delle volte però i protagonisti finiscono per scambiarsi solo un bacetto casto le ultime cinque frasi, lasciando così spirare i venti di passione solo fuori dalle finestre. Perciò io direi di ampliare con altri termini metereologici: Cumulonembi di sentimentiAnticiclone di lussuria, Tsunami ormonale, Tornado di cuori e Nell’occhio del bellone.

Tipologia nr. 6. Vari ed eventuali. Ovvero tutti quei titoli poetici e ammiccanti che non rientrano nelle casistiche precedenti: Solo tu, Seduzione, La luna nei tuoi occhi, Non chiedere non dire, Vittime del destino. Anche qui, secondo il mio modesto parere, si dovrebbe svecchiare la tiritera con fulgide innovazioni quali: Dire fare baciare lettera e testamento, Sei l’unica donna per me (a Sydney, ma non a Bombay), Amami! No ho mal di testa, Se russo ci sarà un perché e Sarà perché ti amo.

Quanto alle trame ve le lascio solo immaginare, ma il più delle volte ricalcano quel che Agatha Christie fa dire a Salomè Otterbourne in Assassinio sul Nilo:

« Neve sul volto della Sfinge: un gelido enigma che si trasforma in un amore incandescente quando la giovane fanciulla inglese appena uscita dal collegio scioglie il cuore selvaggio del crudele sceicco del deserto …  in Passione sotto l’albero di cachi era mia intenzione descrivere solo le reazioni di una ragazza il cui cuore si sveglia al ritmo di un tamburo primordiale »


Et voilà, il gioco è fatto!

lunedì 28 gennaio 2013

Pillole d'ignoranza

Da un paio di mesi svolgo una sorta di volontariato presso il mio ex relatore. Cioè quando lui ha bisogno di una traduzione, di una mano con le scartoffie burocratiche o con archiviazioni e stampe varie, fa un fischio e io vado a dargli una mano. Capita così che finchè io svolgo il mio volontariato in un cantuccio, lui, seduto alla sua scrivania svolga i normali ricevimenti professore-studente. In prossimità delle sessioni di laurea fa anche degli esami in ufficio per chi deve collezionare gli ultimi crediti per laurearsi nella sessione adiacente la scadenza. Dal mio punto d'osservazione posso studiare le nuove generazioni di studenti, la cui qualità s'abbassa di anno in anno. Ho collezionato alcuni strafalcioni meravigliosi che proprio non ho potuto non fare a meno di segnarmi perchè troppo spassosi. E che riporto per essere condivisi. Il livello universitario è di laurea magistrale, la materia Storia dell'Arte.

Stud: ...i tetti venivano comunemente costruiti in pietra...

Prof: No, in pietra direi proprio di no! Il peso avrebbe schiacciato l'intera struttura.

Stud: Ah si, ha ragione. Mi sono sbagliata. I tetti venivano costruiti con capriate lignee ricoperte poi di calcestruzzo!

Prof: Vede? Tra pietra e cemento ce ne passa...

Stud: Volevo dire "tetti solidi", per quello ho detto pietra...(ovvero l'arte di arrampicarsi sugli specchi)

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Stud: ...si incidevano tavolette di materiale ligneo generalmente ricavato dalla corteccia degli alberi...

Prof: Perchè di solito il legno da dove si ricava?!

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Stud: ...questa tavola è di dimensioni un po' più maggiori della precedente...

Prof: Le consiglio di affinare il suo italiano per le prossime volte!

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Prof: Basandosi sugli esempi proposti dal libro mi faccia un tour Nord-Sud che tocchi le maggiori testimonianze del romanico in Italia.

Stud: Si...allora...partirei da Modena, poi andrei a Cefalù, toccando in seguito Pisa e Firenze, da li mi sposterei a Bari per terminare il mio tour a Milano.

Prof: Le avevo chiesto di farmi fare un tour Nord-Sud, non un allegra scampagnata zigzagando per il nostro Stivale!!

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Prof: Parlando di Verona romana, mi faccia una panoramica delle strutture civili. Le porte romane, le mura, la composizione ecc ecc

Stud: Si...eh...a Verona esistevano due porte principali di accesso alla città, in corrispondenza dei due assi viari: il Cardo e il Decumano...

Prof: Vogliamo dare un nome a queste porte romane?

Stud: Si, una è Porta Vescovo e...

Prof: Il nome mi pare ben poco romano...direi piuttosto cristiano...

Stud: Ha ragione si, ehm...Porta Nuova allora

Prof: Quella mi risulta essere austriaca. Mi scusi se glielo chiedo, ma Lei è di Verona?

Stud: Si, ma non la bazzico molto...

Prof: ....

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Prof: Faccia un bel respiro e mi dica per bene come si chiama l'attuale strada che ricalca il Decumano romano...

Stud: Via del Corso Portoni Borsari...no scusi, è Via Corso Portoni Borsari...

Prof: Vuole l'aiuto del pubblico?!

(risposta esatta: Corso Portoni Borsari. Via del Corso è a Roma genia!)

Appena ne avrò raccolto altre...seguirà immediata pubblicazione!

giovedì 24 gennaio 2013

Epifanie (non del 6 gennaio)

Aprendo quello scatolone abbandonato in un angolo della cantina, credevo avrei trovato vecchie scarpe o vecchi libri, maglioni buoni per il baratto in ottobre, quadretti stinti di quelli che si appendono in corridoio in mancanza di vetrinette e tavolini da esibire. Quelli che invece salutavano la ritrovata luce del sole e mi occhieggiavano di rimando, erano frammenti di una mia vecchia pelle: diari del liceo, libri di lettura segnati a margine e poi abbandonati, pacchetti artigianali di vecchie foto, quadernoni ad anelli dalla copertina personalizzata su cui Lupo Alberto si è tinto la pelliccia di viola e arancio sbagliando il tempo di posa della solita tinta blu.

Ho sfogliato le pagine dei diari che prima profumavano di buono, di nuovo; ora sanno di polvere e crepitano mentre le giri. Ho riaperto i libri di lettura e vi ho ritrovato commenti annoiati sull’autore che, cito, “doveva scoparsi di più la cameriera e meno la penna”; qua e là una nota diligente il cui merito va più al professore che allo studente che sono stato. Ho ripassato tra le mani le foto di Roma e Venezia. Tentativi innocenti di fermare sul rullino (all’epoca il digitale era ancora di la da venire) momenti spensierati di una gita scolastica, di condividere ricordi con persone che credevamo avrebbero fatto parte della nostra vita per sempre, di fermare nel tempo un’immagine di noi (il ciuffo sull’occhio ora mi sembra improponibile e scomodo). Ho riletto appunti e nozioni di latino, storia e filosofia. Il più delle volte idee associate a interrogazioni o discorsi preparati ad arte.

E in un attimo l’ho capita, finalmente. Lei.

L’archeologia.

Si, l’archeologia. Qual è il principio base dell’archeologia? La riscoperta. Di un modo di vivere, di una civiltà perduta, di una tecnica, di una definizione del mondo. Poco importa. Il concetto è riscoprire e quindi riprendere, recuperare frammenti di ciò che è stato e che nel suo momento presente era. Ci stupiamo che lo facciano gli archeologi accucciandosi in buche nel terreno o spolverando reperti, vasi, monete, puntellando strutture che cederebbero al logorio del tempo, ricostruendo al computer l’aspetto esatto del Partenone o del Colosseo. Non ci rendiamo conto che la pratichiamo anche noi l’archeologia ogni volta che recuperiamo, che riscopriamo qualcosa. Un amico incontrato per strada dopo anni di assenza, un giocattolo o un libro dell’infanzia, un film che alle superiori ha parlato al nostro cuore, foto che hanno fatto vibrare le corde del nostro essere. In quel momento si aprono strani veli e quel che era è di nuovo. I ricordi si sovrappongono al momento presente: le corse in cortile tornano vivide nella nostra mente, i discorsi, i concetti su cui ci piaceva infiammarci o che trattavamo con sdegno ritrovano la loro attualità. La riscoperta. Di noi. Di quello che credevamo di sapere o che sapevamo, ma abbiamo dimenticato. Del mondo che abbiamo perduto, che si è trasformato. Perché ci siamo trasformati. E nemmeno noi sfuggiamo alla regola secondo cui “nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma”. La nostra interiorità poi obbedisce  a questa regola ancor più velocemente del nostro aspetto fisico.

Perciò ogni tanto è scusabile ripercorrere strade prima battute e ora cadute in disuso. Perché hanno ancora storie da raccontare. Storie che furono. Anche se tra le loro crepe cresce l’erba.

lunedì 14 gennaio 2013

Anime blogger

Ripropongo qui un  post scovato zompettando di blog in blog. Come altri blogger prima di me, lo condivido molto volentieri. Merita.

Sono anime senza pelle, i blogger.

Li scovi nei blogroll altrui, tra un impegno e l’altro e succede che te li bevi a piccoli sorsi, gli rosicchi un po’ l’anima, ti appropri delle loro paure e dei loro sogni. E loro te lo fanno fare: ne hanno bisogno.

Si schiudono in modi diversi, il loro about è il viso truccato, ma nei post intimisti scopri chi sono e chi vorrebbero essere, cos’hanno perso per sempre, cosa li atterrisce, cosa li fa godere.

Sono tutti delusi, i blogger. Sono insoddisfatti dall’ipocrisia della conoscenza fisica, dall’apparire a discapito dell’essere, dal dover avere a tutti i costi. A volte sono esausti della quotidianità e si rifugiano nel loro circolo virtuale, che è privo di vincoli e quindi non tradisce.

Sono sognatori, i blogger. Vorrebbero scrivere di professione e camparci e farci i reading e leggere montagne di libri invece di lavorare o accudire; sono artisti intimiditi dall’apprezzamento delle proprie opere, oppure attanagliati da una disperata solitudine capace di fargli produrre strazianti scorci di sofferenza.

Sono compulsivi e monotematici, a volte. Trattano il sesso e la letteratura come la medicina che lenisce i vuoti inesorabili delle delusioni d’amore.

Sono poeti e poetici. Alcuni scrittori veri in attesa di editore, altri, geni, ma privi di talento letterario. Altri ancora, pochi, dei gran cazzoni in cerca di vetrine negategli altrove.

Raramente trovi straordinari catalizzatori d’affetto, col carisma esuberante che miscela l’amore all’alcool, che ti domandi come hai fatto a viverci senza, prima.

E quando succede che li incontri di persona, la dinamica d’approccio risulta stravolta. Perché gli conosci già l’anima e non ti curi del loro aspetto. Perché gli sei già amico, pur non avendoli mai visti. E spesso non dici ciao, o piacere. Dici: finalmente.

giovedì 3 gennaio 2013

Anno nuovo...

...vita nuova!! Non so perchè, ma ho appiccicata addosso la sensazione che questo 2013 sarà un anno epocale. Di quelli che spaccano di brutto. Di quelli in cui ne combinerai e te ne capiteranno di ogni. Di quelli che restano impressi a viva forza e segnano una svolta epocale. Che, lo devo proprio dire, il 2012 è stato un anno fantastico, emozionante e eccitante, ma caspita se è stato faticoso.

Il 2013 sarà tutta un'altra musica, tutta un'altra storia.

Perciò io lo dico, poi sarà quel che sarà.


Gogo, Momo, Erika, Redpoz e tutti voi giovincelli che mi leggete dalle Piramidi alle Ande, state sereni e ditelo insieme a me:

Il 2013 sarà il NOSTRO ANNO!!!!


Ecco, io ve l'ho detto.


Ed ora libiamo libiamo ne' lieti caliciiii...

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