Ci sono volte in cui vivere all’estero ti fa venire i capelli bianchi, occasioni in cui ti si brizzolano persino i peli del naso e ti ritrovi tutto d’un colpo con dieci anni di meno e l’artrite al malleolo. Momenti in cui infileresti le dita nella presa della corrente o snifferesti uranio impoverito pur di porre fine alle tue sofferenze.
Io non vivo a Monaco da tanto. Solo da 6 mesi e 4 settimane. Un tempo miserino. Giusto il tempo di capire come funziano le cose qua, come mettere in riga una frase decente in tedesco e via. Non cosi misero però per non aver avuto la mia bella sequela di sfighe. Come quella volta del problema con la P maiuscola: la casa. O quella volta in cui mi si è impallato il cellulare dal freddo e mia sorella ha dovuto litigare con il tipo del 190 per farsi dare il codice PUK. O quell’altra in cui, causa canale linguistico intasato, la Vermieterin non era in casa e io sono rimasto chiuso fuori dal palazzo fino alle 3 di pomeriggio con la valigia sul pianerottolo. O l’altra ancora in cui sono dovuto tornare a Verona in tutta fretta per mettere una pezza ai casini combinati da Trento. Uno spasso a getto continuo. L’ultima è fresca di week-end. Ovvero il momento peggiore in cui ti possono capitare sfighe in terra di Crucchia dato che qua il fine settimana è tutto chiuso.
Venerdi mattina. Ancora preda dei fumi del sonno accendo il computer per caricare una puntata di una delle mie serie preferite. Giusto per allietare ulteriormente il rito della colazione. Scorro la lista, scelgo una serie e metto la puntata in carica. La pagina internet si contorce, mi fa un gestaccio virtuale e si tinge interamente di bianco. Ho appena il tempo di sacramentare che compaiono queste parole (chiaramente in lingua teotisca): il tuo computer è stato bloccato! Hai scaricato musica illegale da internet. Inserisci qui il numero di serie della tua carta di credito per pagare subito la multa di 50 euro. Ok. Subito ho pensato a una finestra scherzosa, di quelle che compaiono ogni tanto cliccando di qua e di la. Solo che non si chiudeva. Non c’era la cavolo di X magica per farla sparire. Cercando di mantenere la pressione nella norma cerco di aprire il gestione risorse. La finestrina appare e scompare subito. Altro gestaccio multimediale. Tiro un lungo, lunghissimo respiro e riavvio. La dannata finestra bianca è ancora li. È ufficiale: c’è qualcosa che non va. O c’è un cazzutissimo virus o, peggio dei peggi, il sistema ha deciso di andare in vacanza.
Ed è stato subito panico. Dove vado a cercarlo ora un tecnico, un negozio, un nerd da scantinato che mi rimetta in sesto il computer?! Crisi nera, nerissima. Decido di chiedere info alla Vermieterin. Che ovviamente quando serve non c’è. Sehr gut. Mi sono catapultato fuori di casa alla ricerca del negozio per tutte le soluzioni, del magico bazaar in cui si riportano in vita i pc. Per un’ora ho vagato per le vie del quartiere occhieggiando tutte le vetrine, leggendo tutte le insegne, alla disperata ricerca della salvezza tecnologica (i passanti temo mi abbiano scambiato per un maniaco visto che mi scansavano tutti). Niente. E adesso?
Poi l’illuminazione. Nei grandi negozi di elettronica, ci sarà un’area assistenza, no? Ci sarà un bancone dove il tecnico di turno fa di nuovo cantare i computer con l’imposizione delle mani e ausculta i processori con l’apposito stetoscopio. Mi sono precipitato al primo che mi è venuto in mente: il Conrad Electronics. Stringendo al petto la borsa con dentro il piccolino malato bracco la squinzia al banco informazioni e sbrodolo il problema. Ruminando una Big Babol la gigia chiama il tecnico e torna a limarsi le unghie da geisha. Narro di nuovo la storia dalla A alla Z, dall’Alfa all’Omega e ritorno, con voce strozzata, pronto a una crisi isterica. Lui impassibile mi chiede di fargli vedere la schermata bianca. Ed è subito telepatia. Ah si – esclama competente – è il virus Xysel! Te lo risolvo subito. Due veloci palpate alla tastiera, un giro di twist al touch pad e voilà come nuovo. A me è quasi venuta un escherichia colis di livello 8 e lui con tre rapidi gesti l’ha guarito. Lunga vita al Tecnico Taumaturgo. Mentre cercavo la mandibola sotto il bancone ho chiesto se dovevo pagare qualcosa per il disturbo. Lui si fa una grassa risata e mi dice che no, non gli devo niente. Per una scemenza del genere sarebbe imbarazzante chiedere un compenso. Ed io che ero già pronto a offrirgli una cena da sette portate nel miglior ristorante della città…
Insomma tutto è bene quel che finisce bene. Per certe paure però non ho più l’età… Sarà per quello che stamattina nel pettine ho trovato un paio di capelli bianchi?!
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